Cosa ci facevo in pieno luglio a Milano? Sono andata all’incontro molto illuminante sull’Olio di Palma Sostenibile (per seguire la diretta live che ho fatto cercate #oliodipalmaparliamone su Twitter), per andare oltre i pregiudizi e soprattutto capirne, da consumatore, qualcosa in più. Se ne parla tanto, troppo, ormai toglierlo sembra essere la moda del momento e le aziende fanno a gara a chi l’ha tolto per primo o a chi la tolto meglio, per sostituirlo con non si capisce bene cosa. Anch’io come tutti mi sono lasciata spesso prendere da questa ondata e se davanti allo sacaffale avevo biscotti con e biscotti senza inconsciamente prendevo subito quelli senza, credendo in cuor mio di fare la scelta migliore per la mia salute.
Però ci vogliono basi per fare scelte consapevoli, suvvia. E un po’ di consapevolezza l’ho potuta acquisire nell’interessante dibattito uscito dall’appuntamento informale organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile in sono intervenuti Giuseppe Allocca (Presidente Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile) e gli esperti in nutrizione, Giorgio Donegani (Tecnologo alimentare e divulgatore scientifico), e tematiche della sostenibilità, Carlo Alberto Pratesi (Professore di Economia e Gestione delle Imprese al Dipartimento di Studi Aziendali dellUniversità Roma Tre).
Ma che davvero pensi che non abbiano tirato l’acqua al proprio mulino, direte voi? Nì, nel senso che ovviamente di Olio di Palma se ne è parlato, ma io, che essendo ignorante in materia non sapevo nulla, ho potuto capire molte dinamiche che ai più sono sconosciute: il principale scopo dell’incontro quindi era proprio quello di eliminare alcuni dei pregiudizi che circondano il famigerato olio di palma.
Dieci cose che non sapete sull’Olio di Palma
- Da più parti si diceva che non fosse possibile produrre questo ingrediente in modo sostenibile: invece oggi possiamo affermare che tutte le aziende utilizzatrici di palma che aderiscono all’Unione usano solo olio di palma 100% certificato RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil). Una scelta precisa, quella della certificazione, che va incontro alla via suggerita dalle grandi organizzazioni internazionali, come Greenpeace e WWF International, che continuano a considerare il palma come uno degli oli vegetali più sostenibili al mondo.
- Sul fronte della nutrizione, c’è chi sostiene che il palma sia la principale fonte di assunzione di grassi saturi e per questo è pronto a demonizzarlo in ogni modo e in ogni luogo ma in realtà i dati ci dicono che questo ingrediente contribuisce per meno del 20% della quantità di grassi saturi che assumiamo giornalmente. Il restante 80% viene invece da altri alimenti: insomma, all’interno di una dieta bilanciata, l’olio di palma non presenta rischi per la salute.
- L’olio di palma è utilizzato come alimento dall’uomo da oltre 5.000 anni. Si trovano testimonianze a questo proposito già ai tempi degli Egizi.
- L’olio del frutto di palma è costituito per metà da grassi saturi (49%) e per metà da grassi insaturi (51%). Sia i grassi saturi che quelli insaturi sono indispensabili per il buon funzionamento del nostro organismo. Questo olio vegetale è essenzialmente composto di acido palmitico che si ritrova in moltissimi alimenti, incluso il latte materno.
- Ottenuto dalla polpa del frutto della palma da olio, è l’olio vegetale più consumato al mondo: rappresenta il 35% dell’intera produzione mondiale di oli vegetali utilizzando circa il 6% delle superfici coltivate. Segue la soia (circa 27%), la colza (circa 14%), il girasole (10%). L’olio di oliva rappresenta l’1% del mercato degli oli vegetali (Fonte: RSPO)
- La sua elevata stabilità lo rende particolarmente adatto a garantire una maggiore conservabilità degli alimenti, consentendo quindi anche di ridurre gli sprechi. Oggi quindi l’olio di palma è diventato un ingrediente difficilmente sostituibile con altri oli vegetali per motivi tecnologici, organolettici e disponibilità.
- Malesia e Indonesia sono i più grandi produttori di olio di palma al mondo (il resto della produzione è generato da alcuni Paesi dell’Africa e del Sud America), rappresentando circa l’86% della produzione mondiale. In questi due Paesi del Sud-Est asiatico questa coltura assicura lavoro e sussistenza economica a milioni di persone. In Malesia il settore della produzione di olio di palma impiega direttamente circa 590.000 lavoratori, mentre il 35% della produzione proviene dai piccoli produttori. In Indonesia sono coinvolti direttamente nella produzione e nell’indotto circa 3,7 milioni di persone, mentre il 45% della produzione è assicurata dai piccoli proprietari. L’aumento dei prezzi delle ‘commodities’ negli ultimi anni ha aiutato milioni di persone ad uscire dalla soglia della povertà in Indonesia e Malesia e contribuito a più che raddoppiare la classe media indonesiana nel decennio precedente il 2009 – fonte WWF 2012
- La palma da olio ha una resa media di 3,47 tonnellate per ettaro: 5 volte più della colza (0,65 t/ettaro), 6 volte di più del girasole (0,58 t/ettaro), e addirittura, 9 volte più della soia (0,37 t/ettaro) e 11 (0,32 t/ettaro) rispetto all’olio di oliva. Questo significa che oggi la palma da olio si “accontenta” di 17 milioni di ettari di terreno per fornire il 35% del fabbisogno mondiale di olio vegetale. Mentre servono ben 111 milioni di ettari perché la soia garantisca appena il 27% del fabbisogno globale.
- L’olio di palma non comporta rischi specifici per quanto riguarda l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Diversi studi scientifici, tra cui quello condotto dall’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, hanno notevolmente ridimensionato il ruolo negativo degli acidi grassi saturi sull’innalzamento del colesterolo sanguigno, principale fattore di rischio delle malattie cardiovascolari. Nello specifico, all’acido palmitico è stata riconosciuta una assoluta neutralità sul metabolismo del colesterolo.
- L’olio di palma non favorisce l’insorgere del diabete di tipo 2. Esperti del CRA NUT hanno chiarito che un recente studio promosso dalla Società Italiana di Diabetologia sul ruolo del palma nell’insorgenza del diabete di tipo 2 è stato mal interpretato: si tratta di uno studio sperimentale – realizzato su cavie animali – che non utilizza l’olio di palma ma uno solo dei suoi componenti (il palmitato, peraltro sottoposto a processo di idrogenazione) e che quindi non può in alcun modo essere utilizzato per sostenere che l’olio di palma avrebbe gli stessi effetti sull’organismo dell’uomo.
Ma cosa sappiamo davvero di questo olio di palma?
Attualmente è l’olio vegetale più utilizzato al mondo (il 35% circa del totale). In Italia nel 2015 se ne sono importate, per usi alimentari, 386.000 tonnellate: praticamente la stessa quantità di 10 anni fa (nel 2005 erano infatti 325.000). Senza contare che circa il 25-30% di questo olio riprende poi la strada dell’estero, visto che i prodotti in cui viene utilizzato sono uno dei vanti del Made in Italy richiesti un po’ in tutto il mondo.
L’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha esaminato la presenza di contaminanti che si possono venire a creare nelle fasi di raffinazione di tutti gli oli e grassi se sottoposti a temperature superiori ai 200°C. Su questo fronte, Giorgio Donegani ha provato a fare un po’ di chiarezza:
Diversamente da come è stato presentato da molti media, l’oggetto dell’indagine e del successivo rapporto EFSA non è stato l’olio di palma, ma la possibile tossicità di alcuni contaminanti che si possono formare in tutte le sostanze grasse in seguito a trattamenti cui vengono sottoposte. In questi ultimi 10 anni la comunità scientifica (dall’Istituto Mario Negri, fino all’Istituto Superiore di Sanità) e le autorità sanitarie hanno dato rassicurazioni sull’assenza di effetti tossici dell’olio di palma. A oggi, stiamo aspettando che la Commissione Europea dia delle indicazioni di comportamento rispetto al parere dell’Efsa. Fino a quel momento ci sentiamo di sposare il messaggio rassicurante fornito dall’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), la quale, proprio su questo argomento, chiarisce in sintesi che non c’è alcun motivo ragionevole per eliminare i cibi contenenti olio di palma (fonte e documento completo qui >> http://www.airc.it/cancro/disinformazione/olio-di-palma-cancerogeno).
Ultimo spunto affrontato è stato quello della sostenibilità dell’olio di palma, su questo punto Pratesi, rispondendo alle domande, ha chiarito il reale uso di pesticidi nella produzione di questo ingrediente: “Il palma è virtuoso anche nell’uso di pesticidi, basti pensare che ne richiede meno di 2Kg a tonnellate, mentre il girasole ne usa 6kg a tonnellata, il colza 11kg a tonnellate e addirittura 29kg per tonnellata nel caso della soia”.
Chi è e cosa fa l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile
Ammetto che non ne avevo mai sentito parlare, forse avevo visto qualche spot televisivo ma nulla più. Ho scoperto quindi una realtà molto interessante: l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, costituitasi a fine ottobre 2015 da un gruppo di Aziende e Associazioni attive in vari settori merceologici nei quali viene utilizzato olio di palma, con l’obiettivo di essere un punto di raccordo utile a promuovere attivamente la cultura della sostenibilità di questo prodotto. L’Unione ha come scopo principale quello di coordinare, in Italia, tutte le attività di comunicazione per favorirne la conoscenza da parte dei consumatori. I principi alla base delle sue attività sono la trasparenza e l’obiettività scientifica. Si propone di organizzare manifestazioni, convegni, campagne di educazione e informazione; promuovere e sostenere ricerche e studi scientifici, avviare contatti e collaborazioni con qualsiasi attore, pubblico o privato, della filiera dell’olio di palma sostenibile. Per tutte le info e approfondimenti vi rimando al sito www.oliodipalmasostenibile.it
Fonti e informazioni
Essendo un argomento molto caldo, per sostenere tutte le tesi e idee attorno a questo prodotto è quanto meno necessario leggere alcune fonti a riguardo e l’Unione ne ha prodotte di molto utili che potete consultare tutti:
Parere dell’Istituto Superiore di Sanità su olio di palma e presenza di grassi saturi
Risultati della meta analisi realizzata dall’Istituto Mario Negri sulla tossicità dell’olio di palma
Articolo riassuntivo su quanto detto recentemente intorno al tema olio di palma
La palma da olio è una parte importante dell’economia delle zone tropicali dove viene coltivata, offrendo opportunità lavorative ed contribuendo quindi ad alleviare la povertà, migliorare le infrastrutture e i servizi sociali. La principale problematica ambientale delle piantagioni di palma da olio è che vengono realizzate in zone tropicali, pianeggianti e umide, esattamente dove sorgono le foreste pluviali, l’habitat di specie oggi in grave pericolo di estinzione come l’orango e le tigri di Sumatra. La distruzione della foresta per fare spazio alle piantagioni di palme da olio ha portato alla diffusa perdita delle foreste pluviali in Indonesia, Malesia, e aggrava ulteriormente il cambiamento climatico in atto.
Come spiega il WWF Australia in questa infografica, il boicottaggio dell’olio di palma non rappresenta la soluzione del problema. Al contrario, non acquistare più olio di palma sostenibile porterebbe a conseguenze ancor più negative per l’ambiente e le comunità locali. Se le aziende acquistassero oli alternativi, dal momento che questi necessitano di molta più terra coltivabile, la loro scelta provocherebbe un aumento della deforestazione e della perdita di biodiversità. Inoltre, venendo a mancare l’incentivo a produrre olio di palma sostenibile, i produttori dirotterebbero la loro produzione verso utilizzatori non interessati alla sostenibilità dell’olio di palma.
Infine, prima di qualunque commento guardatevi questo video dell’EFSA sui contaminanti alimentari: