Pensateci bene: quanti grazie dite in un giorno? E chi sono i destinatari della vostra eventuale riconoscenza? La media non deve essere altissima, eppure ringraziare ogni giorno ed essere grati per quello che abbiamo o che hanno gli altri è una delle pratiche più antiche e più confermate per avere una vita serena e felice.
Mi trovo in un periodo di transizione, sia personale sia lavorativo, e quindi sono molto sensibile ai cambiamenti e alle ripercussioni che le mie azioni hanno sulla vita degli altri. E quindi perché non essere io la prima a migliorarla? Basta poco, basta un grazie. Sembra una cavolata e soprattutto sembra scontato, invece è un’arma potentissima che pochi sfruttano. Un’arma bianca.
L’ho chiamata la mia personale “Thank you Therapy” e devo dire che da quando l’ho iniziata mi sveglio ogni giorno carica di una positività che prima non avevo e non ero capace di trovare. Come per le magie più belle, spesso la chiave risiede nella parola stessa all’atto della pronuncia: “Grazie” ha origine dal latino “Gratia”, termine dai significati variegatissimi, fra cui amicizia, favore, piacevolezza, leggiadria, gratuità, e non ultimo gratitudine. Una parola tantissime sfumature e tutte positive. Quando la si pronuncia verso una persona, questa viene inondata da una carica di empatia che noi le inviamo, una connessione, che appone un marchio di valore a quella relazione. Che sia la vicina di casa, la maestra dell’asilo, il collega di lavoro, il vicino di posto in treno: c’è sempre un buon motivo per dire grazie.
E se durante il giorno ci viene abbastanza facile, vuoi perché incontriamo o sentiamo molte persone, vuoi perché è quasi impossibile non relazionarsi con nessuno, la cosa più difficile è proseguire la pratica in casa e alla sera: è buona norma al termine di ogni giorno, dedicare del tempo per pensare a cosa è andato bene, cosa c’è stato di positivo nella nostra vita e per cosa si può essere riconoscenti. Meglio ancora se lo facciamo insieme ai nostri figli e al nostro compagno.
Sì perché questa non è una terapia singola, è una terapia di gruppo: più si è e meglio si sta! Insegnare ai propri figli a ringraziare sempre e a essere riconoscenti e appagati per quello che hanno e per quello che sono alla lunga diventa uno dei doni più grandi che un genitore possa lasciare in eredità. Perché essi diverranno persone che porteranno positività e amore nel mondo. Diceva Sant’Agostino: “La felicità è desiderare quello che già si possiede”.
Non sono solo io la pazza che tenta di fare questa terapia d’urto quotidiana per sentirsi bene, e non è solo Sant’Agostino o il buon senso che lo suggeriscono da decenni, ma si inserisce anche in uno dei punti del bellissimo Positivity Plan (di cui avrò modo di parlarvi ancora) messo a punto da Kellogg’s Special K al fine di aiutare le donne a raggiungere una nuova consapevolezza: celebrare ogni giorno i propri piccoli e grandi successi.
Consiglio last minute: avete tutte le buone intenzioni di questo mondo ma siete, come me, smemorati cronici? Vi consiglio di creare una bella tabellina dei grazie da apporre in cucina, a vista di tutti gli abitanti della casa, in modo da creare una specie di gara giornaliera dei “grazie”. Chi arriva a sera e ha totalizzato più punti vince un bel premio, quantizzabile in baci e abbracci a volontà! Ricordate che l’unica prescrizione per seguire questa terapia è: fate del bene per sentirvi bene, tutto il resto è fuffa.
Ecco i risultati della ricerca promossa da Kellogg’s Special K, cosa ne pensate? Più positività per tutti!
Post sponsorizzato da Kellogg’s Special K
Ottima terapia! Mi piace molto questo post, bella riflessione! Bella l’idea che sta alla base del Positivity Plan del progetto che racconti, ottima terapia!
Beh, io da parte mia, applico anche quella del “… Grazie E buona giornata a Lei” a tutte le persone che escono dal mio negozio e devo dire che funziona! E cerco di insegnarla anche al mio piccolo ed a tutti quelli che ci circondano. E devo dire che funziona, beh, quasi sempre almeno!