Alta letteratura oggi per la casellina n. 16 del mio personale Calendario dell’Avvento #Avventolibri, ospito infatti un’opera poco conosciuta di uno dei più grandi (e odiati) scrittori della letteratura italiana del Novecento: le Favole di Natale di Gabriele D’Annunzio. Personaggio poliedrico e scrittore assetato di generi, non si è risparmiato proprio nulla. In pochi, infatti, sanno che egli affrontò anche il meraviglioso mondo delle tradizioni popolari e la poesia dialettale, soprattutto agli esordi.
Queste Favole di Natale, tratte da “Parabole e novelle”, edite nel 1916 dall’editore Bideri di Napoli, rappresentano un unicum nella produzione dannunziana. Se si fa eccezione per “Un albero in Russia”, tutte le “favole” della raccolta attingono a quel patrimonio di fiabe popolari che dopo tanti anni e in un clima letterario tanto mutato furono sottratte all’oblio da Italo Calvino. Si tratta, in particolare, di leggende popolari abruzzesi o rielaborate in terra d’Abruzzi, alcune delle quali conosciute di prima mano. Ma la trascrizione che ne fa D’Annunzio è una ri-creazione. Le sue “favole” recepiscono pienamente la vaghezza della fonte (orale) e sono nello stesso tempo inconfondibilmente dannunziane.
Non lasciatevi ingannare dal titolo, queste “favole” sono sicuramente indirizzate per un pubblico adulto, sia per la ricchezza stilistica sia per i contenuti. Anche se la copertina, di per sè, non mi fa impazzire, bisogna dare merito all’editore Solfanelli per aver consegnato al pubblico un D’Annunzio dimenticato. Una chicca che farà felici gli amanti della letteratura italiana.
LO CONSIGLIO PERCHE’ …è bello lasciarsi guidare alla scoperta di tradizioni dimenticate ma che ci appartengono, grazie alla penna di un grande scrittore
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xoxo mammariccia
