L’anno è diviso in dodici mesi, ci insegnano a scuola, e questi pezzettini del nostro tempo hanno ognuno un valore ben preciso: Agosto è ben diverso da Gennaio, come Marzo è tutt’altra cosa rispetto a Settembre. Se prima anch’io seguivo il ritmo sicuro e confortevole del calendario, da quando sono freelance tutto si è distorto e i mesi hanno subìto un notevole cambiamento di peso e prospettiva. Ecco quindi che Luglio e Agosto sono i nuovi Settembre e Ottobre, Giugno è il nuovo Dicembre e così via…
E quindi? Eh, diciamo che questo scombussolamento ogni tanto mi travolge e mi crea non pochi problemi di organizzazione, come se non li avessi già di mio, e di concentrazione, portandomi a uno stato di inconcludenza che odi et amo, come direbbero i latini. Vi capita mai di avere così tante idee, così tanti stimoli da sviluppare da rimanere bloccati? A me spesso, ma ormai ci ho fatto quasi l’abitudine. Quello che non sopporto è vedere il tempo passare e non sfruttarlo nella sua interezza, appesantita da altre incombenze più o meno importanti, più o meno incombenti, appunto.
Mi vien anche da dire una cosa, però. Viviamo in un tempo dove si “procede per obiettivi”, dove il “portare ai risultati” è diventato il mantra del momento, nulla di brutto per carità, però questo continuo dover concludere, dover chiudere il cerchio, ecco, mi destabilizza spesso. La nostra vita ha un inizio e una fine, ma non lo scegliamo noi, né l’uno né l’altra, se ci pensate. Non decidiamo noi di nascere e non decidiamo noi di morire (salvo casi particolari), eppure quello che sta in mezzo ce lo godiamo alla grande, si spera. Perché non dovrebbe essere così anche nella quotidianità lavorativa o personale? Perché non ci godiamo quello che sta in mezzo, puntando sì al risultato ma concentrandosi meglio sul progress anziché sul goal?
L’inconcludenza, e con questo concludo, tutto sommato è una condizione favorevole che porta alla riflessione e al tempo per sé. Anche se credo di essermene presa pure troppo.