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Un libro da leggere per il Fertility Day: “Nessuno esca piangendo”

Written by Lara Rigo

Potrei prodigarmi in tanti bei ragionamenti contro l’assurda campagna per il Fertility Day, ma già fiumi di inchiostro e di pixel mi hanno preceduta per cui esprimo il mio disappunto combattendo con le uniche armi che ho sempre avuto a mia disposizione: le parole. Non parole mie, che gliene frega a nessuno, ma quelle di un libro scritto da qualcuno che a buon ragione ha qualcosa di serio da raccontare, e per questa “Giornata della Fertilità” non potevo non parlarvi di Nessuno esca piangendo di Marta Verna, edizioni Utet.nessuno esca piangendo

Un libro delicato e potente, così è stato definito da Chiara Gamberale e mai parole furono più adatte per descrivere un libro, anzi un memoir come riporta la copertina, un racconto davvero forte che affronta due tematiche di cui non si parla mai perchè tabù, sì ancora nel 2016 parliamo di tabù: l’infertilità (e buongiorno alla Ministra Lorenzin) e la malattia infantile. Marta Verna non è solo l’autrice ma è anche la protagonista, in quanto le vicende che narra fanno parte della sua storia personale di donna e di medico oncologico pediatrico: una narrazione che alterna i due piani, quello personale e quello professionale, apparentemente separati ma inconsciamente uniti, dove l’uno diventa il sostentamento dell’altro e viceversa.

“Storie di bambini cercati”: ebbene sì, ci sono coppie che appena si guardano restano incinte e coppie che ci provano e riprovano ma nulla. Quando si parla di difficoltà ad avere un figlio la classica risposta è “massì, state tranquilli che quando vuole arriverà”, oppure “arriverà quando non lo cercherete più”, e se spesso sono consigli che si danno con leggerezza per sdrammatizzare la situazione, è vero anche che chi li riceve non è certo nelle condizioni psicologiche ottimali e ogni parola, ogni gesto può incidere con ferite profondissime che nessuno vede. Marta e Fabio cercano, provano, arrivano ai limiti estremi a cui una coppia può arrivare, è un cammino duro che esplora in modo disarmante dinamiche umane che neppure loro pensavano di avere.

“Storie di bambini curati”: quando un bambino si ammala è un doppio dolore, suo prima di tutto e nostro, come genitori. Viviamo il dolore con lui, e quando questo arriva in modo potente e inaspettato, quasi sempre sono i bambini stessi a dar forza e coraggio a noi genitori. Le storie di bambini curati sono le più belle, perchè danno speranza e danno un senso anche alla sofferenza. Marta è medico presso il reparto di emato-oncologia, ha a che fare tutti i giorni con queste storie e con questi bambini coraggiosi: sono pagine difficili da leggere, perchè se sei già genitore non puoi non immedesimarti in queste famiglie e soffrire insieme a loro.

“Storie di bambini perduti”: la potenza di questo libro indicata dalla Gamberale sta tutta qui, in questa parola “perduti”. Perdere qualcosa è fastidioso, perdere qualcuno è devastante. E se questo è tuo figlio è un dolore che non ha neppure nome, nella nostra lingua, perchè la sola idea che una mamma e un papà possano perdere il frutto della loro unione è un qualcosa che tutti noi aberriamo e non vogliamo nominare. Marta invece la nomina, più volte, con una prosa chiara e disarmante: la perdita non sparisce se noi non ne parliamo, resta sempre lì e può fare ancora più paura se non la si esprime. Ed è proprio su questi bambini perduti inenarrabili che l’autrice ne fa il cardine di tutto il libro: una bambina mai arrivata nella vita personale di Marta si intreccia con i bambini che non arrivano alla guarigione nella sua vita professionale, sino a dare un senso a tutto. Un senso alla sofferenza.

Consiglio vivamente a tutti di leggere questo libro, a chi sta cercando un figlio che non arriva, a chi ce l’ha già, a chi ha figli malati e a chi ha figli perduti, ma in primis consiglio di leggere questo libro a chi s’è inventato sta cosa del Fertility Day perchè se è vero che la fertilità è un bene (“personale”, aggiungo, non certo “comune”), è anche vero che non è stato dato dalla natura indiscriminatamente a tutti e la sensibilità su questo va messa in luce non puntando il dito ma dando un senso, in modo che nessuno esca mai piangendo.


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