Asilo

Perché non racconto il primo giorno di asilo di mia figlia

Written by Lara Rigo

Noi blogger, o meglio, noi gente a cui piace scrivere, siamo spesso vittime della sindrome del “vi dico tutto di me”, il che significa fare la cronaca di quante volte andiamo in un negozio, descrivere con dovizia di particolari l’ultima vacanza, raccontare quello che la tua amica ti dice al telefono in un momento di tristezza. E con i social non è che ci hanno agevolato la vita, anzi: vuoi non instagrammare la tua colazione ogni santo giorno? Vuoi non postare l’autttfit ovvvv dè deiii allo specchio del bagno? Vuoi non twittare l’ultima puntata di Uomini&Donne?

Ma fino a che le notizie e i contenuti appartengono alla nostra persona, uno decide in totale libertà cosa fare e cosa pubblicare, nulla da dire. I problemi sorgono quando il soggetto non siete più VOI ma LORO, dove al posto di *LORO* può esserci chiunque. E se si parla di mamma blogger sappiamo benissimo dove voglio andare a parare: i nani, quelli bassi, le polpette, i mostriciattoli, ci siamo inventate un sacco di nomignoli pur di non chiamarli col loro nome: figli. Sì, perchè ciò implica che il racconto si inserisca nella sfera privata di un’altra persona, che non ha capacità di parola spesse volte o non ha capacità decisionale. Io sono la prima a fare mea culpa, sono la prima perchè una che chiama il suo blog “Nasce Cresce Rompe” avrà un bel daffare tra dieci anni a spiegarlo alla figlia. Mi ci vedo già: “Ehm, sai, io avrei un blog… un blog che parla anche di te… cioè ehm…. parla proprio di te” – “Davvero mamma? Che figo! E come si chiama?” – “…”

 

Sono sempre stata dell’idea che quando si scrive dei figli online occorre tenere presente che un giorno loro ci leggeranno, e ne dovremo rendere conto. Ogni blogger decide autonomamente fin dove spingersi, dove tirare la linea tra il “posso” e il “non posso più” e quest’ultima, più il blog diventa interessante e letto, è sempre la più difficile da raggiungere. In queste settimane, as usual, ho letto di inserimenti, di inizi, di riflessioni sulla vita, la morte e il paradiso. Anch’io avevo scritto le cronache dell’inserimento, anni fa al nido (ecco, inizio a sentirmi vecchia tra 3…2…1…) qui, qui e qui; le feci con poca consapevolezza, con leggerezza e banalmente con serenità. Oggi non lo rifarei.

In queste settimane ho fatto l’inserimento alla scuola materna con mia figlia, avrei avuto molto da raccontare, tanti aneddoti su cui ridere e su cui riflettere, ma ho deciso volontariamente di non farlo: voglio che questo momento speciale resti nostro, mio e suo, non voglio condividerlo con le centinaia di persone che leggono questo blog quotidianamente. Perché dovrei farlo? Che cosa apporterebbe di buono nel rapporto tra me e lei? Nulla. E, in un futuro, si ritroverebbe queste sue prime esperienze importantissime spiattellate online e commentate da persone totalmente estranee. Sbaglierò ma questo pensiero non mi piace affatto, ed è anche grazie a questo che ho deciso di parlare sempre meno di lei e sempre più di ME: perchè, alla fine dei giochi, Nasce Cresce Rompe non è lei, sono proprio io.


3 Comments

  • bè… secondo me dipende da quanto si entra nei particolari del racconto. potrebbe invece essere carino quando leggeranno il ripercorrere la loro storia, anche quei ricordi che negli anni si sono un pò affievoliti. il mio grande talvolta ha letto post in cui è stato nominato e non è rimasto minimamente turbato. anzi…

  • SOno d’accordo con te. Avere un blog ci mette in contatto praticamente con il mondo e penso che certi momenti bisogna sempre tenerli privatamente cercando di viverli solo nell’ambito familiare. Non per chiusura ma perchè esporsi non apporta niente di più

    http://www.salt-eco.com

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